Angeli dei Sette Chakra |
 Gli Angeli dei Chakra si rivolgono ad animi in cammino verso un sempre maggiore e consapevole equilibrio personale.
Donarsi o donare un angelo dei Chakra è un gesto colmo di simboli e significati.
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Ricordo di aver letto, molti anni fa, forse in un libro di mio padre, un pensiero, la cui paternità al momento attribuii a Sant’Agostino; poi ho verificato che quella citazione non era da attribuire al mistico filosofo di Tagaste, benché con questi avesse una certa affinità ideologica.
Intanto, quel pensiero, per me di ben rara saggezza e profondità , mi era penetrato talmente nell’anima, che ne avevo fatto il motivo conduttore delle mie meditazioni e, ancora oggi lo sento vivo e vero dentro di me.
Avendolo, come si suol dire, fatto mio, ho voluto anche sintetizzarlo, dandogli una forma personale, che è la seguente:
“Cerca, come chi vuole trovare e trova, come chi deve continuare a cercareâ€.
Il voler trovare ciò che si sta incessantemente cercando, è, senza ombra di dubbio, un chiaro segno dell’importanza che si attribuisce a quel cercare.
Questo genere di “ricercaâ€, che non prevede una fine, e conseguentemente, ignora l’appropriarsi della “cosa†trovata, non può appartenere al mondo degli adulti, della norma, che considera valido il risultato di una ricerca, in ragione del suo essere raggiungibile e, quindi, carpito, afferrato.
Ciò che non si può raggiungere, non è disponibile, è soltanto desiderabile.
Ma il desiderio deve tener conto della disponibilità della “cosaâ€, se vuole essere “realeâ€.
Questa cosa mi fa pensare, mi angustia, anche.
Mi dico, che i miei desideri, non avendo nessuna possibilità di attuazione nella realtà , sono soltanto fantasie di un povero idiota, che vive tra le nuvole.
Una volta, ho letto da qualche parte che, la felicità consisterebbe nel desiderare ciò che già si ha. Forse è vero…ma non mi convince. C’è qualcosa che non va, in quel pensiero, così gratuitamente “veroâ€.
L’equivoco sta nel termine “avereâ€.
Se io intendo l’avere, come il possesso di qualcosa, che pur essendomi estranea, si somma al numero delle cose che non mi appartengono e che io, con avidità , vado accumulando, allora quel pensiero è errato.
Infatti, io potrei, nel corso della mia vita, accumulare tanti di quei beni, da non sapere più cos’altro desiderare. Pure, l’avidità che mi ha condotto ad accumularli, mi impedisce di esserne sazio e, dunque io desidero…Non quei beni però, in quanto fanno già parte del mio patrimonio, dei miei possedimenti, ed io invece voglio ancora altro ed altro ancora, sempre di più.
Se poi, il termine avere, lo intendo nel senso dell’appartenenza, allora considererò mio, ad esempio, un brano musicale. Quella musica mi appartiene, è parte di me, mi fa vivere momenti magici, in cui mi sento trasportato in un altro mondo, dove mi perdo, tra edeniche delizie.
Quella musica, presumibilmente, io la cercherò ancora. Ho detto la cercherò…nel senso che non la possiedo, non la “hoâ€. Mi appartiene, ma non la possiedo. Non è cosa che io possa catturare o accumulare. Essendo un bene impalpabile, ma non per questo meno reale del tangibile, in quanto la sento, appunto, dentro di me, oltre che auditivamente, io desidererò ancora ascoltarla, viaggiare con la fantasia, nei mondi che essa dischiude per me, e che io desidero incontrare.
Ma non desidererò ciò che già “hoâ€. Più concretamente, desidererò il senso che, per me, ha quella musica.
Allora quel pensiero potrebbe essere riscritto in questo modo:
La felicità consiste nel desiderare ciò che ha senso.
(Ciò che ha senso per me, naturalmente).
Un giorno, ascoltando della musica, sono stato felice. A quella felicità hanno partecipato tutti i miei sensi.
Anche il tatto, che si estende su tutto il mio corpo, che lo comprende nella sua interezza, ha prodotto fremiti, che si sono tradotti in vibrazioni dell’anima.
Il mio corpo (che sono io stesso) ha dato un senso a quella musica.
Ora, il mio corpo cerca quella musica, è teso verso di essa, L’at-tende.
Sto sperimentando il mio corpo in attesa.
Questo suo at-tendere ha un senso.
Ogni cosa ha un senso, purché io (e quindi il mio corpo) abbia sempre qualcosa da attendere. © G.dell'Isola - 2003 - Tutti i diritti riservati. È vietato utilizzare i testi senza autorizzazione. |
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